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Studiare o non studiare? Sto leggendo Paola Mastrocola

Ritorno a parlare di scuola e mi sto leggendo “Togliamo il disturbo” di Paola Mastrocola.

Non sono ancora arrivata alla fine perché, come al solito, leggo piccoli pezzettini quando ho tempo…

Però ho già scoperto alcune cose che mi hanno lasciata molto perplessa, perché “ai miei tempi” non succedevano, e trovo molto istruttivo vedere le cose dal punto di vista di un’insegnante.


Ad esempio non sapevo che nei primi giorni alla scuola superiore, da qualche anno a questa parte, gli insegnanti facciano fare ai ragazzi un “test d’ingresso”, un po’ come all’università ma senza numero chiuso, solo per capire la conoscenza della materia (la Mastrocola parla di Italiano visto che insegna quello…) perché spesso la conoscenza è davvero molto bassa.

Un’altra cosa che non sapevo è che all’università si tengono corsi di “azzeramento” per insegnare ortografia e grammatica della lingua italiana a giovani adulti che hanno fatto 13 anni di scuola, si sono diplomati (magari anche con voti discreti) ma non sanno scrivere e parlare (e forse anche leggere) la loro lingua in modo corretto!

In effetti se penso che i miei figli possano fare 13 anni di scuola con risultati così miseri non posso che essere d’accordo con lei quando dice che sono 13 anni sprecati, tanto più che a leggere, scrivere e parlare in italiano corretto si impara alla scuola elementare.

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Non sono neanche tanto d’accordo sull’innalzamento della scuola dell’obbligo fino a 16 anni, a cosa servano sti due anni di scuola superiore se poi uno vuole andare a fare l’idraulico o l’elettricista non lo so, semmai non sarebbe stato meglio ripristinare il sistema delle “botteghe” del passato anche per professioni più nuove?

Andare “a bottega” ad imparare sul campo è ancora il sistema migliore per imparare la maggior parte dei lavori e lo si vede anche dai giovani che escono dall’università laureati ma non sanno come si lavora, ad esempio i laureati in legge non hanno la più pallida idea di come sia il lavoro dell’avvocato nella realtà e devono farsi ancora anni di praticantato (sfruttati e non pagati) per imparare il lavoro.

Ma allora sti anni di università a cosa sono serviti? Probabilmente a prosciugare i risparmi dei genitori…

E anche se esistono i corsi professionali per il mestieri più “manuali” ho l’impressione che solo una percentuale esigua dei ragazzi che preferiscono andare a lavorare, invece di studiare, vi accedano.

E’ vero che per i miei figli è ancora un po’ presto per pensare a cosa fare dopo la scuola media ma io credo che sia mio dovere tenermi al corrente di quello che succede fuori e dentro le scuole.

Intanto vado avanti nella lettura di questo libro e mi sa che ne usciranno altri spunti interessanti, voi l’avete letto?

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